Ricerca di una mappa emozionale
Ricerca di una mappa emozionale
Il dono
Attendeva.Attendo un dono, un dono
attendo il gratuito contro tutto il produrre, il fare, il realizzare,
contro le sue inutili e antiche dimostrazioni
Attendo, per ritrovarmi
senza ragione,
l’inaspettato,
un dono.
Eppure non vorrei
non vorrei che l’attesa mi corrompesse, mi logorasse.
L’attesa è sempre dell’altro e non di te.
Cammino con me, con la mia ombra,
gli altri mi sfiorano, i miei desideri, ho bisogno di una pausa,
una pausa da me
vorrei donarmi e consumarmi
trovare nel dono qualcosa di diverso da me,
non pensare allo specifico,
vorrei non pensare al mio peso
al ripetersi di me
Voleva un dono.
Con cosa mi avvicino?
con l’assenza di me?
Cosa porgo a te?
la mia parte, ti basta?
Con cosa mi avvicino?
con un lurido scambio?
Con cosa mi riconosci?
con quello che ti do?
con il mio passato?
Ti resterà quello con cui andrò via e il nome con cui ti lascerò.
Voglio attendere un tempo indefinito,
un tempo di culture e di terra,
voglio, alla luce di una candela, attendere,
così che io possa, nel silenzio di me, trovare occhi dolcissimi,
un dono inaspettato
che sciolga la mia ombra e la mia assenza
che io possa attendere col petto pieno di stelle
e vicino a una luce
voglio donare la vista dei miei denti a ogni passo,
voglio attendere tempi di terre madri,
quel dono, che spezzerà il mio ridondante
e tornerò in una pausa di luce
voglio il dono della tua presenza
e nel gratuito
avvicinarmi a mondi impossibili,
mai visti e così vicino
e in ciò che è proibito, e in ciò che è utopico, e in ciò che è rifiuto
trovare il mio dono
e dai rifiuti umani avere il mio dono,
e senza aver dato niente, e senza aver preso,
aprire nel non senso il mio dono.
Col cuore gonfio
nella luce, con la mano piena di terra,
con le narici piene d’aria, con la dolcezza che mi accarezza, con il
respiro,
stringo al petto il dono che mi aspettava.
Il dono.
nella mia città
Nella mia città
che ho adottato per desiderio di appartenenza
le vie sono strette, grigie, con porfido in equilibrio precario
discese a picco e salite,
dove perdi il fiato sugli scalini
nella mia città, quello che nella vicina natura, accogliente e dolce ti
abbraccia,
si trasforma, per strana alchimia, in una mappa per smarrirti dove non
ti ritrovi più
nella mia città ci sono vicoli stretti,
che guidano il vento, come vele,
il vento porta l’odore di soia e di pesce in alcuni giorni
nella mia città c’è una strana forma di melancolia
che ti avvolge e fa sperare in una magia che non c’è
la mia città è abitata da strani personaggi soli,
alcuni in ciabatte, altri sincopati da tic
e gli ambulanti fissi
e tutto si nasconde di bellezza
nella mia città ci si vergogna a essere affettuosi,
di nascosto si fa, senza che nessuno lo sappia,
nella mia città è quasi una colpa
riconoscere certe figure,
le si nasconde, così da espatriarli sani
nella mia città gli uomini hanno molti soprannomi
il Barigello, lo Sbandavapori, il Biribina, il Cucchiarò, il Fischietto, il
Murtatela
le donne no,
loro potenti
lavorano a testa bassa, come le regole e l’essenza del lavoro
e alcune dell’altra generazione hanno i corpi modellati così
nella mia città, mia fortuna,
non ci sono solo negozi d’inutile bellezza provinciale
ma vecchi negozi lasciati scorrere al tempo
nella loro vita di passato e polvere
nella mia città ci sono due mari
completamente diversi tra loro
e nessuno se ne ricorda
poi d’improvviso
esplodono
e si spandono per ogni dove, davanti ai tuoi
occhi ignari
nella mia città ci sono due cattedrali
una dà sul mare, brillante, ti accompagna vistosa elettrica e colorata
una sul colle silenziosa e chiusa per desiderio di meditazione
nella mia città si conserva per garantire un passato futuro
la mia città di appartenenza,
di nascosto, la sento vicina
fino al mio passato da riprendere
e per lei, sogno e resto
nella mia città, ci sono molte signorine no
e anche signore no
io con invidia le vedo veloci, nelle loro gambe e spalle,
sicure attraversare la città
nella mia città, come in tutte le province,
anime del mio paese,
si sparla e nessuno lo sa
nella mia città, sono molti ricchi
non si deve sapere per varie storie antiche,
si deve tacere
ed essendo un confine, di là si spende
nella mia città c’è una via del centro conquistata da stracci colorati
dal basso all’alto, così di ritorno
nella mia città, chiusa di ceto e passato,
stretta per codici strani,
puoi scoprire inosservata
e così vedere le loro regole senza niente capire,
poi dimenticare e proseguire
nella mia città, quando ti affacci di colpo da una salita
o da un vicolo sorprendi, o dalla stessa via di sempre,
puoi sempre salutare
e se manchi un tempo qualcuno se ne ricorda
nella mia città c’è sempre nebbia, in tutte le stagioni
quella scura che non vedi,
quella azzurra che di suono sa,
quella d’oro delle stagioni finite, e se sei da un parte, dimentico,
senti un ululio continuo, che da fuori si nasconde
nella mia città, ci sono uomini come nei vecchi film
di poche parole e con la cicca, alcuni,
che quasi ti innamori in bianco e nero
nella mia città parlano sempre del passato
a cui non accederai mai
e del pasto prossimo che avverrà
e nella mia città puoi in un minuto vedere il paradiso.
Nella mia città, strano per una provincia,
il fragile del luogo viene messo all’angolo
nella mia città, solo in una mano, come quando è vero
ho amiche dalle chiome grandi tempestose e accoglienti
che risplendono anche nel compromesso,
ed energia ti donano e intelligenza nello stare
nella mia città se in fondo la ami
ami anche la tua solitudine
nella mia città incontro segni simboli, storie, cognomi,
che un po’ mi apparterrebbero
e così resto in un angolo della comunità tanto voluta
nella mia città, dai suoni talvolta tagliati,
spesso mancano i saluti
per dirti, anche di fronte, che non sei di loro
nella mia città c’è un teatro che sta lì anche se io non vado
architetture stupende e articolate,
e poi una certa distruzione per mantenere quell’aria
compiaciutamente provinciale.
nella mia città attraverso di tutto e tutte le età
ma ancora molto poco capisco
nella mia città, strisciano sottili, al posto delle polveri, strane vergogne
pur di non accedere alla loro diversità
nella mia città bevvi il mio primo caffè in vetro
e mangiai mio primo frutto del mare
nella mia città di appartenenza, è tale ormai, non negatemelo
a volte ci ripenso e così vorrei andare
per posti dove si conserva meno, io così disordinata
nella mia città ho trovato l’amore
nella mia città, che al sole estivo fuggo,
nella mia città
se cammini da una parte all’altra del viale grande
d’improvviso appare una nave enorme, come un edificio,
e poi, se prosegui, si svela l’infinito
dall’altra parte, il sereno magnifico, ci vanno i bimbi e i suicidi.