Ricerca di una mappa emozionale

Ricerca di una mappa emozionale

Aracne editrice 2010
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Il dono
Attendeva.

Attendo un dono, un dono

attendo il gratuito contro tutto il produrre, il fare, il realizzare,

contro le sue inutili e antiche dimostrazioni

Attendo, per ritrovarmi

senza ragione,

l’inaspettato,

un dono.

Eppure non vorrei

non vorrei che l’attesa mi corrompesse, mi logorasse.

L’attesa è sempre dell’altro e non di te.

Cammino con me, con la mia ombra,

gli altri mi sfiorano, i miei desideri, ho bisogno di una pausa,

una pausa da me

vorrei donarmi e consumarmi

trovare nel dono qualcosa di diverso da me,

non pensare allo specifico,

vorrei non pensare al mio peso

al ripetersi di me

Voleva un dono.

Con cosa mi avvicino?

con l’assenza di me?

Cosa porgo a te?

la mia parte, ti basta?

Con cosa mi avvicino?

con un lurido scambio?

Con cosa mi riconosci?

con quello che ti do?

con il mio passato?

Ti resterà quello con cui andrò via e il nome con cui ti lascerò.

Voglio attendere un tempo indefinito,

un tempo di culture e di terra,

voglio, alla luce di una candela, attendere,

così che io possa, nel silenzio di me, trovare occhi dolcissimi,

un dono inaspettato

che sciolga la mia ombra e la mia assenza

che io possa attendere col petto pieno di stelle

e vicino a una luce

voglio donare la vista dei miei denti a ogni passo,

voglio attendere tempi di terre madri,

quel dono, che spezzerà il mio ridondante

e tornerò in una pausa di luce

voglio il dono della tua presenza

e nel gratuito

avvicinarmi a mondi impossibili,

mai visti e così vicino

e in ciò che è proibito, e in ciò che è utopico, e in ciò che è rifiuto

trovare il mio dono

e dai rifiuti umani avere il mio dono,

e senza aver dato niente, e senza aver preso,

aprire nel non senso il mio dono.

Col cuore gonfio

nella luce, con la mano piena di terra,

con le narici piene d’aria, con la dolcezza che mi accarezza, con il

respiro,

stringo al petto il dono che mi aspettava.
Il dono.

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nella mia città

Nella mia città

che ho adottato per desiderio di appartenenza

le vie sono strette, grigie, con porfido in equilibrio precario

discese a picco e salite,

dove perdi il fiato sugli scalini

nella mia città, quello che nella vicina natura, accogliente e dolce ti

abbraccia,

si trasforma, per strana alchimia, in una mappa per smarrirti dove non

ti ritrovi più

nella mia città ci sono vicoli stretti,

che guidano il vento, come vele,

il vento porta l’odore di soia e di pesce in alcuni giorni

nella mia città c’è una strana forma di melancolia

che ti avvolge e fa sperare in una magia che non c’è

la mia città è abitata da strani personaggi soli,

alcuni in ciabatte, altri sincopati da tic

e gli ambulanti fissi

e tutto si nasconde di bellezza

nella mia città ci si vergogna a essere affettuosi,

di nascosto si fa, senza che nessuno lo sappia,

nella mia città è quasi una colpa

riconoscere certe figure,

le si nasconde, così da espatriarli sani

nella mia città gli uomini hanno molti soprannomi

il Barigello, lo Sbandavapori, il Biribina, il Cucchiarò, il Fischietto, il

Murtatela

le donne no,

loro potenti

lavorano a testa bassa, come le regole e l’essenza del lavoro

e alcune dell’altra generazione hanno i corpi modellati così

nella mia città, mia fortuna,

non ci sono solo negozi d’inutile bellezza provinciale

ma vecchi negozi lasciati scorrere al tempo

nella loro vita di passato e polvere

nella mia città ci sono due mari

completamente diversi tra loro

e nessuno se ne ricorda

poi d’improvviso

esplodono

e si spandono per ogni dove, davanti ai tuoi

occhi ignari

nella mia città ci sono due cattedrali

una dà sul mare, brillante, ti accompagna vistosa elettrica e colorata

una sul colle silenziosa e chiusa per desiderio di meditazione

nella mia città si conserva per garantire un passato futuro

la mia città di appartenenza,

di nascosto, la sento vicina

fino al mio passato da riprendere

e per lei, sogno e resto

nella mia città, ci sono molte signorine no

e anche signore no

io con invidia le vedo veloci, nelle loro gambe e spalle,

sicure attraversare la città

nella mia città, come in tutte le province,

anime del mio paese,

si sparla e nessuno lo sa

nella mia città, sono molti ricchi

non si deve sapere per varie storie antiche,

si deve tacere

ed essendo un confine, di là si spende

nella mia città c’è una via del centro conquistata da stracci colorati

dal basso all’alto, così di ritorno

nella mia città, chiusa di ceto e passato,

stretta per codici strani,

puoi scoprire inosservata

e così vedere le loro regole senza niente capire,

poi dimenticare e proseguire

nella mia città, quando ti affacci di colpo da una salita

o da un vicolo sorprendi, o dalla stessa via di sempre,

puoi sempre salutare

e se manchi un tempo qualcuno se ne ricorda

nella mia città c’è sempre nebbia, in tutte le stagioni

quella scura che non vedi,

quella azzurra che di suono sa,

quella d’oro delle stagioni finite, e se sei da un parte, dimentico,

senti un ululio continuo, che da fuori si nasconde

nella mia città, ci sono uomini come nei vecchi film

di poche parole e con la cicca, alcuni,

che quasi ti innamori in bianco e nero

nella mia città parlano sempre del passato

a cui non accederai mai

e del pasto prossimo che avverrà

e nella mia città puoi in un minuto vedere il paradiso.

Nella mia città, strano per una provincia,

il fragile del luogo viene messo all’angolo

nella mia città, solo in una mano, come quando è vero

ho amiche dalle chiome grandi tempestose e accoglienti

che risplendono anche nel compromesso,

ed energia ti donano e intelligenza nello stare

nella mia città se in fondo la ami

ami anche la tua solitudine

nella mia città incontro segni simboli, storie, cognomi,

che un po’ mi apparterrebbero

e così resto in un angolo della comunità tanto voluta

nella mia città, dai suoni talvolta tagliati,

spesso mancano i saluti

per dirti, anche di fronte, che non sei di loro

nella mia città c’è un teatro che sta lì anche se io non vado

architetture stupende e articolate,

e poi una certa distruzione per mantenere quell’aria

compiaciutamente provinciale.

nella mia città attraverso di tutto e tutte le età

ma ancora molto poco capisco

nella mia città, strisciano sottili, al posto delle polveri, strane vergogne

pur di non accedere alla loro diversità

nella mia città bevvi il mio primo caffè in vetro

e mangiai mio primo frutto del mare

nella mia città di appartenenza, è tale ormai, non negatemelo

a volte ci ripenso e così vorrei andare

per posti dove si conserva meno, io così disordinata

nella mia città ho trovato l’amore

nella mia città, che al sole estivo fuggo,

nella mia città

se cammini da una parte all’altra del viale grande

d’improvviso appare una nave enorme, come un edificio,

e poi, se prosegui, si svela l’infinito

dall’altra parte, il sereno magnifico, ci vanno i bimbi e i suicidi.

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