La lunga linea della malinconia adriatica
2017

Invito SIlvia Fiorentino ok

24 Ottobre – 4 novembre 2017

Atelier dell’Arco Amoroso

Via Pizzecolli, 4 Ancona

Orario: 17 – 20

La nuova ricerca di Silvia Fiorentino si muove su due binari paralleli, ma alla stessa velocità e
soprattutto nella stessa direzione: quella di un viaggio a ritroso nel tempo storico e personale, dove
le tematiche sociali e culturali si azzerano lasciando la scena in completa balìa dell’anima, libera da
ogni tipo di filtro concettuale.
Da una parte gli oli su tela dove le textures multicolori si sovrappongono creando una
stratificazione che scava nella profondità dello spazio truffaldino del supporto bidimensionale, un
incavo dal quale emergono i simboli più importanti della città dorica alla quale l’artista è ormai
legata profondamente. L’omaggio al Podesti e al Crivelli avviene davanti al duomo di San Ciriaco,
il vascello cerca di conquistare il teatro delle Muse navigando attraverso le onde colorate
dell’immaginazione che scorre libera dalla mano dell’artista, ormai sciolta da qualsiasi razionalismo
intellettuale.
L’energia dell’astrattismo cromatico è prorompente e disarmante, in essa vi leggiamo l’ispirazione
più libera e indipendente del pensiero accompagnato dalle note di una musica che nell’atto creativo
è stata parte di quella vitalità che possiamo ancora osservare, dettata dall’istinto che emerge
prepotentemente e rivendica la sua posizione da protagonista nella produzione artistica di Silvia.
Sull’altro binario troviamo la vera e propria primordialità della materia ceramica, materiale caro
all’artista, stavolta lavorato unendo tecniche ormai collaudate a nuovi esperimenti stilistici.
Isolate nelle tridimensionalità dello spazio fisico percorso dallo spettatore ecco stagliarsi forme
straordinariamente organiche nate dalla lavorazione dell’ossido di rame, quasi a riprodurre la
morbidezza e l’andamento ritmico delle foglie e dei petali delle piante più rare, mentre alle pareti le
tavole lignee ricoperte di stoffe fanno compagnia alle tele.
Qui ritroviamo le ceramiche raku finemente pigmentate e lacerate da strappi e da tagli, i primi
dettati dall’irrazionalità del gesto istintivo, i secondi scaturiti da una riflessione maggiore, ma
entrambi alla ricerca della profondità spaziale che si dilata nel vuoto dell’inconscio errante.
Spazio, energia, arcaismo, gesto incontrollato e istintivo si fondono in un unico grande sfogo
artistico nel quale Silvia sente il bisogno di abbandonarsi completamente, riuscendo però a rimanere
sempre a galla tra le onde tumultuose dell’anima irrequieta che domina magistralmente come
un’acrobata sul proprio filo.

Giulia Naspi

In questa mostra Silvia Fiorentino torna ad uno dei suoi temi più cari lo sguardo sui luoghi
della vita, spazio reale che la circonda come risuonante e risonanza con il suo spazio
interiore. Ricordo le architetture sentimentali del 2002 e 2007 o nella mia città del 2006 e
ancora nelle tante immagini di Ancona circondata dal suo mare che Silvia Fiorentino.
dispensa quasi fossero fogli del suo diario quotidiano. Ritorna ai suoi temi per rivisitarli con
quel profondo sedimento lasciato del lavoro fin qui svolto che le consente appunto di
spogliarsi di ogni filtro concettuale . Facile a dirsi ma lavoro temerario da farsi, lavoro
imperniato sul dare forma alla soggettività creatrice.
Infatti lo sguardo di Silvia Fiorentino non si declina nella descrizione ma diviene ricerca
della radice emotiva che anima, dirige, ed infine dà forma allo sguardo che posandosi
sull’oggetto lo vivifica e lo trasforma. Infatti l’obbiettivo che Silvia Fiorentino, anche questa
volta si prefigge non è la compiutezza di un oggetto artistico quanto la ricerca
appassionata per tracciare la complessità del processo creativo in sé. Processo che per
emergere deve sottrarsi alle lusinghe dell’ovvio descrittivo, delle tradizioni accademiche,
delle mode artistiche . E ancora sottrarsi all’autoreferenzialità del proprio percorso
distillando un sapere di cui gli organi di senso si sono appropriati e possono esprimersi
senza bisogno appunto di un qualche filtro costruito dal sapere concettuale.
E così che ci troviamo nell’origine , nella matrice sensoriale e ciò a cui siamo chiamati ad
assistere è un processo di trasfigurazione colto nel suo divenire. Non partiamo dalla scelta
di una espressione astratta giungiamo alla astrazione estrema. La malinconia dell’andare
per mare, l’armarcord del misurare la distanza e il ritorno, l’irraggiungibile vicinanza
dell’altra costa, la malinconia come inesaudibilità del desiderio di totalità che il mare
suscita, fa socchiudere gli occhi e trasformare i suoi baluginii solari o notturni nel
mescolarsi stratificato di colori. Il soffiare del vento che increspa la superficie diviene il
movimento impresso dal depositarsi del colore stesso . La malinconia evoca la lontana
felicità del vascello dalle vele dispiegate non sappiamo se per una partenza o un ritorno. E
se teniamo gli occhi socchiusi ancora per un po’ sorreggendo l’ inquietitudine del senza
forma possiamo percepire dove materia ed energia costantemente trapassano l’una
nell’altra proprio come nel mare materia costantemente in moto.
E allora Silvia Fiorentino. ci invita ancora una volta a percepire come ogni atto
autenticamente creativo implichi l’ esperienza del limite alla quale l’artista si sente
chiamato se non costretto, per dare forma ed esistenza , a partire dalla oscurità della
propria anima e della materia, ad un oggetto del tutto inedito che ci viene offerto come un
dono prezioso e vitale.

Giovanna Curatola


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